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"Il più bel luogo dell'universo." Così Gabriele D'Annunzio definì agli albori di questo secolo la Versilia, meta dei suoi soggiorni estivi e fonte d'ispirazione della sua poesia.

Le spiagge

Le spiagge di sabbia finissima lunghe a perdita d'occhio, i fondali che digradano dolcemente nel mare, le ariose e fresche pinete del litorale hanno reso celebre questo tratto di costa fin dal secolo scorso, quando le marine, per secoli solo punteggiate di torri di guardia, cominciarono a essere valorizzate e la villeggiatura balneare entrò gradualmente a far parte degli stili di vita dell'aristocrazia che nei mesi invernali e durante il Carnevale si trasferiva nelle proprie ville di campagna costruite a ridosso del litorale.
Qualche decennio più tardi fu la pratica dei bagni di mare a decretare la definitiva consacrazione di queste località che si dimostrarono capaci di rinnovare la propria struttura e il proprio aspetto in funzione della nuova industria delle vacanze.
Un'invidiabile posizione geografica, condizioni climatiche favorevolissime durante tutto l'arco dell'anno e, non meno importante, la vicinanza ad uno straordinario comprensorio culturale, circondata, a poche decine di chilometri di distanza, da nord a sud, da centri come Barga, Lucca, Pisa o Volterra che rappresentano vertici d'arte e di storia di livello mondiale hanno fatto la Versilia meta ideale del turismo in moto con itinerari che spaziano dal mare alle colline alle Alpi.

La Versilia interna

II ruolo di Pietrasanta quale preminente centro culturale del territorio versiliese ha origini antiche. La grande tradizione artigiana si è poi mantenuta viva nei laboratori e negli atelier della zona, nelle aziende specializzate nel settore del mosaico artistico e nelle numerose fonderie d'arte e il fertilissimo contesto artistico ha agito da catalizzatore per numerosi artisti italiani e stranieri, che hanno promosso Pietrasanta a "terra d'elezione" per il proprio lavoro, contribuendo a loro volta con opere e donazioni all'arredo urbano.
Il migliore punto di osservazione dell'impianto urbanistico di Pietrasanta è rappresentato dalla rocca di Sala: vi si domina la piazza Duomo su cui affacciano i principali monumenti cittadini, il Duomo col suo rosso campanile, il palazzo Moroni, la facciata aurea di Sant'Agostino, la torre delle Ore.
In posizione pressochè equidistante tra il litorale e i primi rilievi apuani, Camaiore è, al pari di Pietrasanta, un "borgo fondato", voluto da Lucca (in rivalità con Pisa) alla metà del XIII secolo nel quadro degli interventi di riorganizzazione territoriale volti al controllo della Versilia. I Colli che attorniano Camaiore, sono punteggiati da castelli, pievi, villaggi , casolari e ville degne di menzione per le qualità ambientali e i valori paesaggistici e panoramici.

Il Monte Pasubio, per tre dei quattro punti cardinali, strapiomba sulle valli che dalla prealpe scendono alla pianura vicentina e al Trentino; solo a settentrione, verso la valle che scende verso Rovereto, i pendii sono meno aspri.
Nella prima guerra mondiale, per la sua posizione strategica, fu sanguinosamente disputato. In ricordo dei reparti che si distinsero nei combattimenti, c'è una zona monumentale delimitata da 30 cippi.
L'Altopiano di Asiago (noto anche con il nome di Altopiano dei Sette Comuni) ha una bellezza unica nel paesaggio, praterie ondulate, boschi vastissimi, l'abete ed il faggio, vertiginose viste dai cigli sulle valli sottostanti.
Il nostro viaggio in moto nella valle di Pasubio e sul lago di Garda si arricchisce di una sosta sull'Altopiano di Asiago tra vallate scavate da torrenti tumultuosi e distese ricoperte di prati e conifere.

Il monte Baldo ed il Pasubio

Un breve viaggio tra Trentino e Veneto, tra due regioni così affini e così diverse. Punto di partenza è il lago di Garda, e precisamente il versante orientale della Gardesana, dove, a differenza della costa opposta, la strada è molto più piatta ed attraversa parecchi centri abitati, tutti particolarmente turistici ed affollati nella stagione estiva; in compenso si passa praticamente a livello dell'acqua, e l'impressione di viaggiare proprio sulla riva è fortissima ed appagante.
Da Peschiera raggiungiamo Garda dove abbandoniamo il lago e la Gardesana seguendo le indicazioni per Caprino Veronese e si affronta la salita che porta prima a Spiazzi, poi a Ferrara di Monte Baldo e quindi al rifugio Novezzina; l'ambiente è quello tipico di montagna, con i boschi prima ed i pascoli oltre i 1200 metri a far da contorno alle svolte secche della strada, la quale, dopo essere arrivata ai 1433 metri del Cavallo di Novezza, anzichè cominciare a scendere come sarebbe lecito attendersi, spiana e parte per un lungo "camminamento in quota", tra abeti e roccia viva, che non termina se non prima di una ventina di chilometri di tortuoso falsopiano.
Tormentata almeno quanto tutto il tratto che l'ha preceduta, la discesa porta prima a San Valentino, poi a Brentonico e Mori da dove, con un breve trasferimento, si arriva a Rovereto. Domina la cittadina trentina, che ha scorci architettonici di sapore veneziano, il grande castello, sede del Museo storico italiano della guerra.

Val Pasubio

Da qui, per entrare nella valle di Pasubio, s'imbocca la statale 46 in direzione di Schio, seguendo un tracciato che, già dopo i primi chilometri, si rivela piacevolmente movimentato. Sul cammino non ci sono grandi centri abitati che rallentino la marcia in salita, dai 630 metri di paesi come Anghebeni agli oltre 1160 di Pian delle Fugazze. Siamo, qui, alle pendici del monte Pasubio, che con i suoi 2235 metri di altitudine domina il panorama delle cime; questa è una zona che trasuda ancora di ricordi della Prima Guerra Mondiale, che visse qui alcune delle sue pagine più tragiche.
E nelle rocce sono ancora scolpiti i segni delle vecchie strade militari, raggiungibili con brevi deviazioni. A poco più di due chilometri da Pian delle Fugazze c'è anche un Ossario, dove riposano i resti di oltre cinquemila vittime dei conflitto, sia italiane sia austriache.
Il Monte Pasubio, per tre dei quattro punti cardinali, strapiomba sulle valli che dalla prealpe scendono alla pianura vicentina e al Trentino; solo a settentrione, verso la valle che scende verso Rovereto, i pendii sono meno aspri.
Nella prima guerra mondiale, per la sua posizione strategica, il Pasubio fu sanguinosamente disputato. In ricordo dei reparti che si distinsero nei combattimenti, c'è una zona monumentale delimitata da 30 cippi.
L'Altopiano di Asiago (noto anche con il nome di Altopiano dei Sette Comuni) ha una bellezza unica nel paesaggio, praterie ondulate, boschi vastissimi, l'abete ed il faggio, vertiginose viste dai cigli sulle valli sottostanti.

L'Altopiano di Asiago

Ripercorriamo tutta la valle di Pasubio, visto la spettacolarità dei paesaggi e della strada fino quasi a Rovereto, dove prendiamo la strada dei Colli: con una fitta serie di tornanti stretti tra graziose villette si sale rapidamente di quota fino ad imboccare la valle di Terragnolo, una sorta di canyon dal fondo boscoso nel quale si viaggia a rìdosso di una delle pareti, a sbalzo su un profondo baratro, lungo una delle strade più belle, tecniche ed avvincenti di tutta la zona, fino a raggiungere il bivio che porta a Serrada; ancora un tratto di salita e dopo aver attraversato il piccolo centro comincia la breve discesa che porta a Folgaria.
Da Folgaria percorriamo un itinerario montano per strade minori che ci porta sull'altopiano di Lavarone. Superato il passo della Vena m 1546, scendiamo poi sull'altopiano di Tonezza del Cimone e alla val d'Astico, valle vicentina. In val d'Astico si toccano Arsiero,Velo d'Astico, Piovene e, sul versante opposto, Caltrano. Di qui ritorniamo a salire perraggiungere l'altopiano dei Sette Comuni e Asiago.
Asiago, a 1000 metri di altitudine. Anche qui non potrete sottrarvi alla memoria dei caduti (oltre 50.000) dei primo conflitto mondiale, raccolti in un sacrario sul colle che domina la cittadina. Curioso è anche il museo che raccoglie testimonianze dell'etnia Cimbra (di origini germaniche) che vive nel vicino abitato di Roana. Da Asiago, attraversando Gallio e Campanelle arriviamo a Valstagna, nella Valsugana per una ripida discesa fatta di stretti e continui tornanti.

Il nostro viaggio in moto sulle Dolomiti del Trentino e del Veneto. Da San Martino di Castrozza alla Val Badia al gruppo del Sella, fra le montagne tra le più belle di tutte le Alpi su strade "disegnate" per i motociclisti.
Passi da attraversare per scoprire il fascino delle Dolomiti, paradiso di sciatori e alpinisti, che in ogni stagione regalano visioni d'incanto, tra la maestà delle vette e delle falesie inviolabili, il colore intenso dei boschi, la sinuosa linea di strade che si arrampicano tra le vette con rispetto, quasi con soggezione.
Per chi ama muoversi su due ruote il Trentino e l'Alto Adige custodiscono itinerari divertenti e appassionanti.
Ecco uno degli itinerari più o misura di moto. Strade strette e tortuose, continui saliscendi e panorami che variano a ogni tornante sono gli ingredienti ideali per essere apprezzati in sella ad una due ruote, non certo chiusi in un'auto. L'unica accortezza è quella di non scegliere il periodo delle vacanze di ferragosto, poichè in quel momento dell'anno si corre il rischio di trovarsi in coda ad un pullman e di non avere la possibilità di superarlo, o causa della fila di auto che proviene in senso contrario.
Meglio quindi preferire la primavera o il mese di settembre, quando il traffico è meno intenso e si ha quindi la possibilità di divertirsi nella guida e di apprezzare i panorami da cartolina.

San Martino di Castrozza

Ad Agordo, soltanto 611 metri di altitudine, si cominciano a vedere le cime che si andranno ben presto a scalare e che si avvicinano sempre di più.
Il paese si presenta molto curato, perchè questa è sempre stata una zona attivissima nella produzione di occhiali; tanto che, su richiesta, presso la fabbrica della Luxottica è possibile visitare anche un originale museo dedicato interamente a questo tema. Chi ha invece interessi diversi potrà spostare la propria attenzione sul museo minerario (visto che nella zona, fino agli anni 50, ci si dedicava all'attività estrattiva) o alla centralissima piazza della Libertà.
Riprendiamo il nostro viaggio verso ovest. Affrontiamo alcuni tornanti, salendo con vigore e usando marce basse, tra boschi ed enormi massi verso il passo Cereda. Arriviamo, in mezzo a prati verdeggianti, sul valico, a quota 1369. Alla nostra destra lo spettacolo indimenticabile delle Pale di San Martino. Le stesse montagne massicce e incombenti che chiudono l'orizzonte a San Martino di Castrozza, ma viste da qui con una differente angolazione. L'immagine, dunque, è superba. Tanto da far passare un pò in secondo piano la pur gradevolissima discesa verso i 717 metri di altezza di Fiera di Primiero, pochi chilometri (e parecchie centinaia di metri di altitudine) più giù della ben celebrata San Martino di Castrozza.
Dopo essere arrivati a San Martino di Castrozza, all'ombra delle magiche Pale, ci attendono sedici chilometri da prova speciale, da fare tutti d'un fiato: la salita al passo Rolle, teatro dei rally di San Martino, una delle gare più belle degli anni 60 e 70 è tutta da godere, impostando le traiettorie, pennellando le curve, mordendo la strada e salendo fin quasi a 2000 metri.
Sulla discesa prendiamo a destra per il passo Valles per ritornare in Veneto. Dopo il passo, la discesa verso Alleghe, sulle sponde del lago omonimo, formato da una frana è piacevole .Dopo Alleghe raggiungiamo Caprile, da dove si inizia la scalata al passo Fedaia., balcone ideale cui affacciarsi per ammirare il gruppo più massiccio delle Dolomiti, la Marmolada, teatro di eroiche battaglie durante la grande guerra, ora meta dei turisti con il suo ghiacciaio.
La discesa verso Canazei è solo una tappa per ripartire alla scalata del gruppo del Sella.

Il gruppo del Sella

II gruppo del Sella, nel cuore dell'Alto Adige, pone ai motociclisti un dilemma: è più bella, dal punto di vista della guida, la strada del passo Sella o quella del passo Gardena? In questo itinerario, le proponiamo entrambe.
Da Canazei, la val di Fassa,scompare rapidamente alle spalle dopo i primi tornanti, diventando una sorta di lontano presep, mentre le aspre rocce del Sella incombono sulla carreggiata. Mettete in conto qualche sosta per ammirare i panorami mozzafiato su alcune delle cime più belle delle Dolomiti, come il Sassolungo.
Affrontiamo la salita verso il passo Gardena, con una nuova serie di tornanti. Lo stato di queste strade in genere è buono, ma come sempre accade per i percorsi di montagna è bene verificare che i passi siano aperti. Inoltre, in primavera, l'asfalto è spesso coperto di terriccio e pietrisco. Tutto questo non deve intimorire chi sta percorrendo una strada piacevolissima sia per l'andamento del tracciato, sia per la straordinaria bellezza del paesaggio circostante; proprio quest'ultimo può essere di grande consolazione se capita, come succede d'estate, di trovarsi imbottigliati dietro una fila di camper e bus turistici che arrancano sulle pendenze dolomitiche.
Il passo Gardena offre la possibilità di una sosta in un paio di bar, prima di tuffarsi nella discesa che, con un'altra sequenza serrata di tornanti, consente di arrivare a Corvara in Badia, uno dei gioielli della val Badia, con le sue pasticcerie sopraffine e le case linde o ordinate.
Da qui, si prosegue in salita fino al passo di Campolongo, con un'arrampicata di soli 300 metri che consente di mettersi in dirittura d'arrivo per Arabba.
Da qui prendiamo per il passo Falzarego ma a Cernadoi scendiamo verso Selva di Cadore. Attraversiamo il Colle Santa Lucia e Selva di Cadore, un piccolo paese dallo stile inconfondibile, raggruppato intorno alla chiesa e famoso per l'artigianato del legno, ancor oggi lavorato con le tecniche del passato.
Mentre lasciamo Selva di Cadore ci pregustiamo la leccornia che ci attende: il passo di Giau. Sul suo versante più caratteristico, quello occidentale, la strada parte quasi in sordina, subito dopo il paese, in una stretta valle, e sale incorniciata da alti fiori purpurei con tornanti secchi, larghi e ben pavimentati, intervallati da rettilinei che si fanno più lunghi avvicinandosi alla cima. In vista della vetta la pendenza comincia a diminuire, la strada quasi spiana e si percorrono gli ultimissimi chilometri in leggera salita, in un immenso prato fiorito, che culmina nel picco meridionale del massiccio del Nuvolau: dal passo poi si gode di una delle più belle vedute di tutte le Dolomiti.
Scendiamo dal Giau e la discesa ci porta fino a Pocol da dove prendiamo la strada per Cortina non prima di avere raggiunto il belvedere Pocol, il balcone naturale che si affaccia su Cortina d'Ampezzo, offrendo un'anteprima dello scenario che ci accompagnerà ancora per molti chilometri.

L'alta Val Pusteria

Dopo aver attraversato Cortina d'Ampezzo, adagiata in una conca verde sormontata dalla roccia di cime dolomitiche famose in tutto il mondo, ci inerpichiamo sul passo Tre Croci. Prima di ridiscendere verso Auronzo di Cadore, vale la pena di concedersi un'escursione aggiuntiva alla volta di Misurina. Nell'omonimo lago, dalle gelide e limpidissime acque, circondato dal verde cupo delle conifere, si specchiano le Tre Cime di Lavaredo.
Da Misurina, in breve si arriva a Dobbiaco dove tira aria di paese straniero. Saranno i cartelli stradali bilingui, per cui Dobbiaco diventa anche sarà che l'Austria dista soltanto una dozzina di chilometri, ma la sensazione è che l'Italia, da queste parti, sia vicina al suo finire geografico.
E, invece, a voler ben vedere, non è proprio così. Perchè basta prendere un'altra strada, bellissima, che corre lungo il confine e ci si ritrova subito in un ambiente per certi aspetti più familiare, il nostranissimo Cadore veneto.
Partiamo, dunque, da Dobbiaco, lasciando la sua parrocchiale barocca (dopo aver dato uno sguardo a stucchi e sculture, che lo meritano) e puntando per un breve tratto, soltanto di cinque chilometri, in direzione del confine austriaco; arrivati a San Candido, che qui si chiama anche Innichen, lasciamo la statale 49 per prendere la spettacolare strada delle Dolomiti carniche.
Proseguendo facciamo tappa a Sesto, a quota 1300 metri, non molti di più di quelli di partenza (Dobbiaco è a quota 1240). Da qui, lambendo il perimetro dei Parco delle Dolomiti di Sesto (che ci si lascia sulla destra) si sale senza contorsioni stradali drammatiche fino al passo di Monte Croce di Comelico e ai suoi 1636 metri. Oltre il passo, c'è il Veneto. La discesa è più tortuosa, in Val Padola, arrivando dapprima a Comelico Superiore e poi, con un altro guizzo di curve, a Santo Stefano di Cadore.

Il passo del Manghen

E' il verde il colore dominante di questo itinerario, che può essere completato soltanto d'estate, quando tutti i passi sono aperti. La maggior parte del tracciato, infatti, attraversa rigogliose ed estese foreste di conifere.
La parte interessante del percorso comincia proprio ad lmèr, frazione di Fiera di Primiero, dove si gira a destra in direzione del passo di Brocon: la strada comincia subito a salire con una serie di tornanti che portano a quota 988 metri a Gòbbera, poi si scende sull'altro versante, sempre seguendo la segnaletica per il Brocon. Raggiunto il fondovalle, si passa l'abitato di Canal S. Bovo, poi si attraversa il ponte sul torrente Vanoi: qui il traffico scompare, così come scompaiono distributori e punti di ristoro per oltre 30 km (se si eccettua qualche ristorante al passo, aperto solo in alta stagione).
La strada che si snoda nel fitto bosco richiede una guida particolarmente attenta: è quasi completamente priva di protezioni laterali e ha una carreggiata talmente stretta da consentire a malapena il passaggio di due vetture; molte curve, poi, sono cieche, quindi la velocità deve essere ridotta. Il fondo, però, è ottimo e le pendici della montagna sono rinforzate contro il pericolo di frane. Si arriva finalmente al passo dei Brocon, dove gli alberi s'interrompono per lasciar posto ai prati e a un piccolo impianto di risalita. Ma la discesa è ancora lunga e le curve sono talmente tante da far quasi girar la testa.
A Castello Tesino si torna nella civiltà. Da qui, si attraversano alcuni paesi seguendo le indicazioni per il passo Manghen. A Telve si riprende a salire per la Val di Calamento fino al punto in cui inizia l'arrampicata per il Manghen. Questo tratto è molto divertente, ma indubbiamente impegnativo: la carreggiata è stretta, alcuni degli innumerevoli tornanti sono molto ripidi e mancano protezioni, l'asfalto in alcuni tratti è un po' malandato e coperto di pietrisco. La vista, però, è impagabile e, quando si arriva in cima, si prova una grande soddisfazione. La discesa, al confronto, è un gioco da ragazzi: prima tornanti fra i prati, poi curve nei boschi e la qualità della strada è decisamente migliore.
Arrivati a Molina, giriamo a sinistra ed attraversando buona parte della Val di Cembra giungiamo a Lavis circa 20 km a nord di Trento. Da qui, con un rapido trasferimento ci trasferiamo a Levico Terme per ammirare il lago di Levico ed il lago di Caldonazzo.

Bassano ed il Monte Grappa

Per il ritorno abbiamo deciso di fare una deviazione. Una volta percorsa la Valsugana fino a Bassano del Grappa, città d'origine romana ora rinomata per la produzione di ceramiche e per la grappa, cui è stato addirittura dedicato un museo. Una sosta va fatta al Ponte Vecchio di Bassano, protagonista dell'epopea degli alpini e di tante canzoni dei combattenti.
A questo punto inizia la parte più interessante di questa giornata. Si lascia l'abitato sulla statale 47 della VaIsugana e dopo circa un chilometro si svolta a destra ad un bivio verso Romano d'Ezzelino. Qui gli appassionati del dislivello trovano una deviazione che rappresenta una sfida: la risalita verso la cima Grappa (1755 metri). Dopo l'abitato di Romano d'Ezzelino si incontra un quadrivio segnalato da una colonna con medaglione e dedica e, lasciata sulla destra la deviazione per Possagno, si imbocca la cosiddetta strada Cadorna. Si superano le cave di pietra abbandonate, prati e pascoli, poi boschi lungo un tracciato che si contorce e si dipana in curve continue. Dopo 30 chilometri di questa andatura impegnativa si raggiunge la cima dove in un paesaggio aspro e difficile si intravedono i camminamenti e i segni delle trincee e dove spicca il Sacrario dedicato alle vittime della prima guerra mondiale.
Per non percorrere la stessa strada in discesa, un chilometro dopo l'Ossario si può deviare a sinistra su una strada che digrada verso il monte Palla: giunti a valle, superato l'abitato di Semonzo, si procede svoltando a sinistra in direzione di Possano.

Valdobbiadene

Da qui si prosegue verso Belluno, superato il Piave si arriva a Valdobbiadene. I vigneti accompagnano lo sguardo, il paesaggio mostra il lavoro dell'uomo e del tempo. Si può decidere di fare una sosta per degustare il vino bianco, e si continua per affrontare un'altra salita interessante, quella al passo di San Boldo, che porta verso la valle del Piave.
Il passo si snoda dopo un primo tratto piano in una teoria di tornanti stretti. Gallerie, rettilinei brevi, poi ancora curve e controcurve costringono ad un'attenzione continua, ma il divertimento è assicurato perché si supera in sei chilometri un dislivello di 500 metri circa. Dopo una sosta panoramica in questo punto speciale, si inizia la discesa verso Belluno e il Piave, divertente e tranquilla.
Si segue il tracciato d'asfalto che corre accanto al fiume fino alla città, raggiungibile con una breve deviazione. Arroccata sul fiume, trasformata nei secoli dalle diverse dominazioni, Belluno va scoperta passeggiando nel centro storico, in piazza dei Martiri, e ammirando il duomo e i palazzi antichi.

Il Bosco del Cansiglio

Da Belluno ci muoviamo in direzione di Vittorio Veneto e, arrivati al lago di Santa Croce, pieghiamo sulla sinistra per risalire nell'area del Cansiglio, tra piani carsici e colline dall'andamento regolare.
Prima di Farra d'Alpago si svolta a sinistra per una stradina ripida di curve e tornanti che raggiunge m circa 9 chilometri Pian d'Osteria e poi Piano del Cansiglio. Il bosco di abeti fa da cornice alla traversata di questa valle, ora protetta da riserva naturale.
I faggi coprono le pendici dei pendii, attraversati da percorsi di trekking ben attrezzati. Da queste parti si trovano grotte da scoprire per gli appassionati di speleologia e a Piano del Cansiglio è stato realizzato un Giardino botanico alpino che merita davvero una visita. Dopo questa immersione nella natura, la discesa verso Vittorio Veneto, per una strada stretta e tortuosa, risulta divertente e panoramica.
Quattro chilometri dopo Piano del Cansiglio si devia a destra verso Fregona e il tracciato si fa ancora più ripido e attorcigliato. Da qui si scende a Vittorio Veneto (18 chilometri in tutto).

Il nostro viaggio in moto in Toscana. Tra tutti gli itinerari possibili, ci dedichiamo alla provincia di Grosseto, partendo da Arcidosso, alla scoperta del monte Amiata e delle zone di produzione del Brunello di Montepulciano.
Montalcino. Pienza, Montepulciano, terre ricche di storia che sono rimaste ai margini dei grande turismo di massa richiamato da località più famose, tra cui San Gimignano, disposte sulle colline a Nord.
I borghi dell'entroterra hanno legato la loro fortuna al capoluogo: sorte come città comunali, sono state annesse da Siena una dopo l'altra nel corso dei Medioevo. In seguito alla caduta della città del Palio nelle mani di Firenze nel XVI secolo, subiscono inesorabilmente la medesima sorte.
La maggior parte dei chilometri che ci aspettano sono di quelli che non si scordano: siamo combattuti tra il piacere di restare incollati alla sella, con le curve che si rincorrono, la strada che sale sulle colline, corre sui crinali, poi sparisce tra le crete e riappare poco dopo, e il desiderio di fermarci ad ammirare le forme, i colori, i piccoli boschi di cipressi che sembrano disposti ad arte da uno scenografo.

Montalcino, Pienza e Montepulciano

Arriviamo a Pienza, entriamo nelle mura medievali a cavallo della moto, come cavalieri di un altro tempo. Pienza ha davvero quella che si può dire una storia singolare: in origine si chiamava Corsignano ed è in mezzo, a pochi chilometri da entrambi, a due paesi che devono la foro buona sorte alla generosità dei loro vigneti: Montalcino e Montepulciano. La strada scorre in mezzo ai colli, dolcemente, le curve sono sempre visibili e facili da condurre. La casa colonica domina la strada dall'alto, sui pendii i terreni sono curati con meticolosità e ciascuno di loro, caratterizzato da colture e colori variegati, sembra tappezzare e personalizzare la collina. Tutto si accosta alla perfezione, tanto che qualche traliccio della corrente elettrica posto qua e là stona con particolare evidenza.
Avvicinandoci a Montepulciano il panorama viene egemonizzato dai vitigni noti già nel 1600. Il Vino Nobile di Montepulciano nasce dalle colline a cavallo tra la Val d'Orcia e la Val di Chiana. Caratterizzato da un colore granato più o meno intenso, con riflessi arancioni a seconda dell'invecchiamento (minimo due anni), è composto al 60?80% da uve di Sangiovese (la varietà di qui si chiama Prugnolo Gentile) e per un 10?20% da quelle di Canaiolo nero abbinate per il rimanente ad altre, anche a bacca bianca. Queste uve il Vino Nobile le ha in comune con il Rosso di Montepulciano, da cui si differenzia perché quest'ultimo viene prodotto con uve di seconda scelta ed è più "semplice" e meno adatto all'invecchiamento.
Salendo sulla torre del Palazzo comunale, la vista permette di spaziare oltre i rossi tetti di mattone e di spingersi fra i colli che lentamente sfumano in una foschia diradata. Sotto si domina la Piazza Grande con il Duomo, che ha la facciata incompiuta di mattoni e il perimetro delle mura medioevali.
Passeggiando per le strette vie del borgo antico, colpisce l'intreccio di vicoli scoscesi che assecondano la morfologia della collina e costringono ad un costante saliscendi di scale e viottoli ripidi dove la luce filtra appena.
Sulla strada per Montalcino, si apre una vallata splendida ricoperta di vigne, spariscono attività industriali e commerciali, torna il silenzio. Salendo lungo la collina per conquistare Montalcino, siamo immersi in filari di viti che ricoprono i fianchi della collina: sono quelle da cui ha origine il prezioso Brunello.
Montalcino, ai margini di grosse vie di comunicazione, ricorda come, dopo la caduta di Siena per mano fiorentina nel 1555, gli sconfitti si rifugiarono a Montalcino, roccaforte senese da secoli.
Le strade del borgo sono ricche delle botteghe dei vinaioli, pronti a cedere una goccia della magia che nasce dalle viti dei colle in ogni momento della giornata. Sapori genuini che si adattano perfettamente all'atmosfera del paese.

Il Monte Amiata

Un percorso breve ma ricco di fascino in Toscana; la zona è la provincia senese meridionale, o meglio le sue ultime propaggini che confinano a Sud con l'Umbria e a ovest con il grossetano (nel quale si finisce per sconfinare). Abbadia San Salvatore, località di partenza, è facilmente raggiungibile da Siena con la strada statale 2 Cassia.
Posta ai piedi del monte Amiata (che supera i 1700 metri di altitudine), deriva il suo nome dall'abbazia di San Salvatore, risalente al tempo dei Longobardi (Vili secolo); la sua architettura spicca per originalità. La consacrazione risale a quasi un millennio or sono, anche se molto dell'aspetto attuale è dovuto ai rifacimenti e agli ampliamenti trecenteschi; tutto intorno sorge il borgo medievale, con le case dal sapore antico.
Ma è già tempo di rimettersi in movimento: imbocchiamo la strada che, girando intorno al Monte Amiata, porta a Prato delle Macinaie. Le curve non mancano, l'altitudine sale dai poco più di 800 metri di Abbadia ai 1385 di Prato, per poi ridiscendere, con un percorso ancora più tortuoso e per questo più piacevole ai 637 metri di Castel del Piano. La chiesa romanica di San Leonardo, svetta in un contesto di edifici cinquecenteschi.
Ma la vera meta dista solo quattro chilometri: è Arcidosso, celebre borgo medievale a forma ellittica. L'abitato è dominato dalla rocca della famiglia Aldobrandi; vale la pena una passeggiata negli antichi meandri del centro.
L'itinerario prosegue ed arriviamo a Santa Fiora, con i suoi resti di fortificazioni, poi, all'interno, da Piancastagnaio, per fare capo nuovamente ad Abbadia San Salvatore. Alla fine di questa giornata, ci sembra di essere stati riportati indietro nel tempo, al 1300, quando queste terre erano teatro degli scontri tra senesi e grossetani per il controllo della vicina Maremma.